12 maggio 2006

Bittersweet life


Nella locandina c'era scritto "più sorprendente di Kill Bill più affascinante delle Iene". L'ho cancellato volutamente dopo aver visto il film. Ovviamente la pubblicità deve essere fatta, ma alcune volte sembra eccessiva.
Il film ha come tema centrale la vendetta, tema caro al cinema sudcoreano. Dico questo perchè prima dell'uscita di questo film, un altro registra ci aveva deliziato con una trilogia sulla vendetta. Park Chan-Wook con i suoi "Mr. Vendetta", il meraviglioso "Old Boy" e il più recente "Lady Vendetta". L'intera trilogia caratterizzata da una grande sensibilità nell'affrontare l'argomento e dalla capacità nell'amalgamare poetica visiva e violenza. Ne parlerei volentieri per ore, ma il film è un altro.

Il film in questione è Bittersweet life di Kim Jee Woon (regista del meno recente "Two Sisters").

"Direttore di un albergo di lusso e braccio destro del boss Kang, Sunwoo è elegante, solo e senza scrupoli. Verrà incaricato dal capo di sorvegliare i movimenti della sua giovane amante, Heesoo, con il mandato di ucciderla se dovesse scoprirla con qualcuno. Ma quando preferirà risparmiarla, Sunwoo scatenerà le ire di Kang il quale, tradito dall’uomo in cui riponeva maggior fiducia, deciderà di lasciarlo in balia dei suoi scagnozzi. Subirà le peggiori torture, Sunwoo, ma riuscirà a tener salva la vita. Per spenderla al servizio di una vendetta spietata".

Ve lo consoglio se il genere vi piace, anche se non è il capolavoro di cui si sente parlare. Infatti la storia non riesce ad emozionare.
Ambientato in una Seoul affascinante, sembra però fermarsi tutto all'estetica. Raffinata la fotografia ed eleganti gli interni, soprattutto dell'albergo. I colori diventano fondamentali, sembra impossibile farne a meno. Ma tanto sono belle le immagini, tanto il resto non convince. Il racconto è lineare e senza grandi sussulti. Non parlo di sobbalzi fisici ma emotivi. Non è in grado di rapirti e di portarti via, lasciandoti alla mercé di quello che senti.
Alla fine tutto sembra rimanere in superficie, alla fine tutto sembra un sogno. E forse tutto è voluto.