26 aprile 2006

Cecità

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Sapeva di essere a casa sua, la riconosceva dall'odore, dall'atmosfera, dal silenzio, distingueva i mobili e gli oggetti al solo toccarli, passandovi sopra le dita, leggermente, ma era già come se tutto si stesse stemperando in una specie di strana dimensione, senza direzioni né riferimenti, senza nord né sud, senza basso né alto. Come probabilmente hanno fatto tutti, a volte aveva giocato con se stesso, nell'adolescenza, al gioco del E se fossi cieco, ed era arrivato alla conclusione, dopo cinque minuti a occhi chiusi, che la cecità, senza alcun dubbio una terribile disgrazia, avrebbe comunque potuto essere relativamente sopportabile se la vittima di una simile sventura avesse mantenuto un ricordo sufficiente, non solo dei colori, ma anche delle forme e dei piani, delle superfici e dei contorni, supponendo, è chiaro, che la suddetta cecità non fosse di nascita. Era arrivato persino al punto di pensare che il buio in cui i ciechi vivevano fosse in definitiva soltanto la semplice assenza di luce, che ciò che chiamiamo cecità fosse qualcosa che si limitava a coprire l'apparenza degli esseri e delle cose, lasciandoli intatti al di là di quel velo nero. Adesso, però, si ritrovava immerso in un biancore talmente luminoso, talmente totale da divorare, più che assorbire, non solo i colori, ma le stesse cose e gli esseri, rendendoli in questo modo doppiamente invisibili.
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25 aprile 2006

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Una sera amara. Di quelle che ti lasciano a metà. Una serata in cui vedi la gioia negli occhi degli altri e non riesci proprio a trovarne un po' per te.

A volte ci si sente esclusi. Ma tenti di non sentirti solo. Non ci sono riuscito.
Più vai avanti e più sprofondi. Davanti a te un mare sconosciuto, una distesa oscura. E ti accorgi che pur tentando di riconoscerlo, non è il mare che ricordi.
Ho voglia di rivedere il mare. L'ho rivisto, ma è stato un attimo. Un attimo di niente, rubato al tempo che passa.
Non pensavo ci si potesse sentire così. Proprio non volevo crederci. Forse una persona accanto può aiutarti. Forse questa sera l'ho capito.

"E se andassimo a vedere il mare?"

22 aprile 2006

Sinfonia n.6 in si minore op.74 "Patetica"

Scritta da Petr Il'ic CAJKOVSKIJ. L'ultima sinfonia scritta e l'ultima sinfonia diretta.

E' un'opera triste, dolorosa.

Il primo movimento si apre con un'introduzione lenta e scura. Il motivo è lamentoso, sembra strisciare. Cerca di salire ma ricade su se stesso. E' una dichiarazione, una confessione spietata e piena di dolore. Nelle critiche ho letto che l'apertura viene paragonata a Memorie dal sottosuolo di Fedor Dostoevskij. Il "sottosuolo" viene inteso come quella parte inconfessabile, dove risiede il male, dove dominano gli istinti. E' la causa del dolore e dell'annientamento.
L'introduzione ci permette un'immersione nell'opera. Queste prime note dolorose diventano il tema principale e dipingono lo sfondo oscuro da cui il tema si è generato e da cui non potrà più essere cancellato. Ma all'improvviso, delle note dolcissime tentano di disorientarci. Sembrano arrivare "dall'alto". Vogliono posarsi sul nostro dolore come per alleviarlo. La poesia è momentanea. L'idillio è interrotto dalle lotte e da tutti i dolori dell'esistenza. Anzi no, il dramma sembra terminare, forse l'inconfessabile è stato confessato. Si conclude in un clima rasserenante. La tragedia deve ancora venire.

Il secondo movimento, con il suo tempo folcloristico, allenta la tensione. Rimaniamo quasi disorientati, almeno noi ascoltatori occidentali, per l'anomalia del suono. E' irrazionale. Il tema della prima parte è elegante nella sua irregolarità. La parte centrale è commovente, i violini suonano una melodia semplice, dalla cadenza lamentosa. Ci rimanda al pianto. Nella seconda parte si torna ad un tema danzante. Come nel primo, i tempi tradizionali dell'Europa Orientale ci accompagnano, sempre lamentandosi, al terzo movimento.

Questo movimento potrebbe rappresentare un'illusione. La danza che ha chiuso il movimento precedente ci ha disorientati. E' l'illusione della felicità. Sembra una festa popolare. Musiche di un mondo incantato precedono il ritorno al tema principale. Questa volta il tema si ingrossa, quasi trionfale. Ma l'ombra dei fallimenti non si allontana. Incombe.

La sinfonia termina, ed il quarto movimento si apre con un Adagio lamentoso. Negativo nella sua totalità. All'idea tematica del dolore, dell'incapacità di rialzarsi precipitando sempre più in fondo, si affianca una calma nostalgica. La melodia cresce, ma la salita serve solo per poi poter cadere. Crolla senza controllo. Si entra in una dimensione funebre. Anche la calma nostalgica cambia tonalità, prendono spazio riflessi lugubri. Nessun finale acceso, nessuna speranza, solo l'incapicità di rialzarsi.
Tutto si esaurisce nella più assoluta disperazione.

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Ieri sera sono andato all'ennesimo concerto di mucica classica. Per l'ennesima volta mi sono sentito vecchio. Una manciata di ragazzi e tutto il resto della platea andava dai cinquant'anni in su. Sto esagerando, ma neanche tanto.
Non capisco perchè la musica classica non riesca ad avvicinare i giovani. So benissimo che è una musica difficile, anche se non tutta. Infatti l'unica volta che ho visto quel gioiello dell'auditorium Agnelli di Renzo Piano venire preso d'assalto da ragazzi della mia età, è sato quando l'orchestra sinfonica ha proposto il Bolero di Ravel. A mio parere un'opera che non vale il tutto esaurito rispetto ad altri concerti in programma.
La colpa potrebbe essera della poca informazione offerta sui concerti. Evidentemente punta a reclamizzare le cose più conosciute. Quelle per cui c'è la certezza matematica e la consapevolezza di un articolo non sprecato. Ma in fondo viviamo in un mondo dove ciò che ci interessa dobbiamo cercarcelo da noi.
L'informazione decide cosa farci vedere o sentire quella settimana, come gli sconti al supermercato decidono cosa farci mangiare. Che bella fine!

Ogni epoca è stata caratterizzata da qualche invenzione. Noi viviamo in un epoca dove la cosa più bella che abbiamo è internet. Quindi bisogna sfruttarla. Ti permette in pochi secondi di trovare quello che cerchi e senza fatica. Quest'ultimo è l'elemento fondamentale perchè una cosa riesca oggi.
Quindi visto che se uno vuole informazioni può trovarle facilmente, allora mi chiedo se è la musica classica che non piace. E me ne dispiaccio se è realmente così. Ci si potrebbe accorgere, per assurdo, di come la musica del Cinquecento sia più innovativa della nostra.
Tenterò di incuriosirvi scrivendo qualcosa sui concerti che vedrò. E non sia mai che riuscirò a farvela apprezzare.

19 aprile 2006

Un po' di allegria

Sta piovendo. E sono contento oggi. Adesso è tornato il sole, ma continua a piovere.
Pioggia e sole insieme. Che spettacolo.

Sono contento perchè la scampagnata in montagna è riuscita. Sono contento perchè chi ha avuto il "coraggio" di seguirmi si è goduto una bellissima giornata. E sono contento per quelli che sono rimasti qui, in città, invece di venire con noi, per la loro grigliata in balcone al quinto piano. Non si è contenti solo nel bene.

Siamo arrivati domenica sera. Un cielo stupendo. Le stelle erano particolarmente luminose. E la luna? Eccola, è lì che si nasconde dietro ad una montagna dalla forma di una ragazza sdraiata. Armoniosa. Lo sguardo fisso a guardare il cielo. Forse anche lei temeva nell'arrivo di nuvole minacciose. Ma era troppo rilassata per credere questo. Era sicura, come lo eravamo adesso anche noi, che il bel tempo ci avrebbe accompaganto anche il giorno seguente.
Ovviamente la paura di un'improvvisa pioggia era sempre in agguato. Osservavo e si vedeva quando gli altri alzavano i loro nasi all'in su. Ma per fortuna ben presto se ne sono dimenticati.
La serata è andata nel migliore dei modi possibili. Peccato per quelli che risolto un problema ne trovano subito un altro. Ma non voglio parlarne. Sono contento oggi.

Pasquetta ci ha relgalato il sole. Increduli. Nessuno ci sperava. Facce serene al risveglio.
Una passeggiata ci ha fatto riprendere dalla serata. Siamo andati fino al torrente. Ci siamo rilassati. Non sembrava festa. Non c'era nessuno sulle rocce. Lo scorrere dell'acqua copriva il fastidioso rumore di schiamazzi di bambini, urla volgari di ragazzi in preda a qualche bicchiere di vino. Infatti a pochi metri, nascosti fortunatamente dagli alberi, una moltitudine di persone. Affollavano l'area attrezzata per le grigliate con foga. Tutti erano lì. Ognuno voleva accaparrarsi il posto migliore. Quello vicino alle fontane. Nessuno ha più voglia di muoversi. La comodità prima di tutto. Nessuno in piedi, tutti seduti. Sedie portate da casa, addirittura tavoli e panche per paura di doversi sedere sul prato.
Lo spettacolo nauseabondo è durato poco. Noi siamo andati oltre, dove qualche roccia da scavalcare fa indietreggiare i meno avventurieri. Dove la Natura sceglie chi far passare. Sono contento.

Siamo tornati a casa dopo qualche ora. I preparativi per il pranzo erano imminenti. Ognuno aveva il suo compito. Non proprio tutti in effetti. Ma fa parte del gioco anche questo. C'era chi tagliava il pane, chi preparava il piatto con gli affettati, chi cucinava la carne, chi apparecchiava e chi andava per i campi a rubare qualche ramo di rosmarino e qualche foglia di basilico.
E' andato tutto per il verso giusto. Sono contento.

Il sole non ci ha mai abbandonato e forse è grazie a lui che ho ritrovato nei miei amici la voglia di divertirsi insieme. E' necessario che la gente si incontri. Sono contento.

Ringrazio quindi tutti, anzi no.

Ormai è tardi?

Una domanda retorica. Il titolo di una canzone. Forse non è una domanda. Infatti non lo è. Solamente una riflessione.

Non giudicate subito, almeno qui. Non c'è nessuno da meravigliare.

Magari non susciterà interesse come punto di riflessione. Ognuno ci vedrà quel che vorrà.
Per quello che evoca nella mia testa lo trovo interessante. Anzi direi che è un argomento a me caro, come lo è per chi mi ha suggerito di scrivere qualcosa sulla nostalgia dei tempi passati. Almeno questo è quello che viene in mente a noi.
Quei tempi pieni di allegria tristezza voglia di fare voglia di essere. Spensierati. Ecco, spensierati è proprio l'aggettivo giusto per definire quegli anni. Ancora una volta. Spensierati.
Anni passati a gustarsi la vita, assaporarla avidamente. Rischiare a scuola, con i professori, con gli amici, con i genitori. Essere sempre in bilico. Una ricerca continua di emozioni, egoisticamente tenute per se o condivise senza paura con chi ti circonda. Camminare sul filo del rasoio. Esagerare fino a sbattere la testa senza avere il timore di spaccarla. Ci si rialzava sempre.

Alcune volte mi piace ricordare, in compagnia però. Non amo ricordare da solo, non mi piace. Non ci riesco.

"I ricordi, buoni solo a far piangere".
Non voglio ricordare, voglio non dimenticare.
Non voglio chiudermi in una gabbia immaginaria piena di tutto ciò che è stato.
Non voglio pensare che sia tutto finito.
Eppure il cielo inizia a pesare.

Ormai è tardi? Forse si ma conviene andare avanti, meno si concede alla vita più ci si inoltra nella morte. E' il momento di affrettarsi.
Vi saluto.
Sono in ritardo.
Devo correre.

14 aprile 2006

Amici...inizia a diventare difficile utilizzare questa parola

Come mai è sempre più difficile godere delle piccole cose?

E' una domanda che mi faccio spesso, ma mai come ora sento il bisogno di una risposta.
Sarò deluso? Si, sono deluso. E tutto questo perchè basta l'incertezza di non trovare un giorno soleggiato e ogni cosa svanisce. Anche solo poche nuvole. Questo serve per rinunciare.
Non sto vaneggiando, anche se può sembrare. Questo lunedì amici ed io abbiamo organizzato un'uscita in montagna. Forse montagana è esagerato, perchè il posto in effetti è ai piedi di una montagna. Una scampagnata agevolata dalla Pasquetta. Come al solito si parte alla grande e purtroppo si finisce sempre male. La causa è il tempo. Quello atmosferico. Le previsioni non annunciano come sperato un sole estivo, ma un cielo nuvoloso. Poi ci si mettono anche le fastidiosissime "precipitazioni sparse". Una tragedia la pioggia.
Non vogliamo bagnarci non vogliamo sporcarci però adoriamo tantissimo preoccuparci. Che bello che è preoccuparsi per le cose per cui non costa niente farlo.
L'essenziale è cavarsela senza danni.
Amiamo talmente tanto allarmarci che ci dimentichiamo di tutto.
Siamo spaventati, inquieti ed è così che ci piace essere. Non importa passare una giornata tra amici via dalla caotica città; non pensiamo neanche più a tutte quelle belle cose che ci hanno fatto accettare la proposta di una scampagnata. L'aria pulita non ci attira più.
Non ha importanza una bottiglia di vino bevuta tra amici, una birra che passa da una persona all'altra, mangiare allo stesso tavolo. Forse sono solo io che vedo il bello in queste cose.
Chi se ne frega! Fa brutto rimaniamo a Torino, ognuno a casa propria. Parliamo tramite sms.

Ci rinuncio! Sono solo. Vuoto. Non ho niente, ma non mi interessa. Alla fine non abbiamo niente.
"Nella vita non si ha nient'altro che la vita. Solo la vita."

Bisogna godere delle piccole cose.

I Limoni

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi della canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l'odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.

Eugenio Montale

"Di fronte al mare la felicità è un'idea semplice".

Un'onda. Incubi, sole, nuvole, riflessi, sono io riflesso, bugie, paure, all'improvviso nella notte vascelli fantasma; il mare, nel quale forse non c'è poi niente di veramente bello da vedere. No, non è vero. Ci permette di guardare oltre, di viaggiare seduti su una panchina, sulla sabbia. Guardiamo oltre, ovunque speriamo, ma forse non siamo così sicuri che altrove non sia peggio.
Alcune volte la realtà è meglio dell'immaginazione.