Volver
I fantasmi non piangono, sostiene Carmen Maura nel bellissimo finale del film di Pedro Almodóvar. I fantasmi non possono versare lacrime. Devono abitare nelle antiche case e riposarsi nei patii. Assistono chi si appresta a superare la soglia della vita per lasciarla definitivamente. Accudiscono i morenti. Accompagnano i vivi, li amano, li seguono discretamente. I fantasmi conoscono l’arte misteriosa di trattenere il tempo, di fermarlo, di fissare quei momenti, per lo più dolorosi, nei quali le persone e i personaggi hanno cominciato a diventare quello che poi saranno per il resto dei propri giorni.
Il titolo attesta che il ritorno è inevitabile, è inscritto nel destino dell’essere umano (polvere che torna alla polvere). Tornare alla propria infanzia ferita o felice, al paese d’origine, La Mancha, battuto e spazzato dal solano, un vento incessante che rende folli o stordisce, e laddove gli incendi devastano la regione e la vita degli abitanti.
il regista si muove nella zona opaca, nello scintillio che separa la vita dalla morte, lungo la linea di demarcazione tra la consapevolezza di esserci e l’assenza di questa consapevolezza.
Come i fantasmi, le meravigliose donne almodóvariane (le interpretazioni sono eccezionali) non vogliono separarsi dai luoghi in cui sono state felici e infelici, dai luoghi in cui tutto è nato, dai luoghi in cui continueranno a tornare nei sogni, nei desideri, negli incubi. Stanno lì a guardare oltre lo scintillio. I fantasmi non hanno crisi di nervi e non piangono.
0 Comments:
Posta un commento
<< Home